Economia e mercati finanziari: le prospettive dopo l’annuncio dei dazi USA

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I dazi annunciati dagli USA spingono l’economia verso un nuovo scenario di incertezza, colpendo duramente i settori strategici, il commercio internazionale e le prospettive globali di crescita e sviluppo

L’annuncio improvviso dell’introduzione di nuovi dazi da parte degli Stati Uniti, avvenuto il 2 aprile, ha innescato una delle crisi più repentine e profonde degli ultimi anni nei mercati finanziari globali. La decisione dell’amministrazione Trump di imporre un dazio minimo del 10% su tutte le importazioni, con tariffe maggiorate del 34% verso la Cina, del 24% verso il Giappone e del 20% verso l’Unione Europea, ha avuto effetti devastanti sulle borse mondiali, sulle prospettive di crescita e sul clima di fiducia delle imprese.

Cos’è successo: le reazioni dei mercati internazionali

Il giorno successivo all’annuncio, i mercati hanno subito forti ribassi. Il 3 aprile, il Nasdaq ha registrato una perdita di 1.600 punti, mentre la Cina ha risposto immediatamente con dazi del 34% sui beni americani. La ritorsione ha accelerato il crollo: il Dow Jones ha perso 2.231 punti (-5,5%), l’S&P 500 il 6%, e il Nasdaq ha chiuso con un -5,8%, entrando ufficialmente in una fase di calo significativo. In due soli giorni, il mercato azionario statunitense ha perso oltre 6.600 miliardi di dollari di capitalizzazione.

Le ripercussioni non si sono limitate agli Stati Uniti. In Asia, l’indice Nikkei ha perso il 6,94% e l’Hang Seng di Hong Kong il 12,53%. In Europa, il DAX tedesco è sceso del 10%, il CAC 40 francese del 6,6% e il FTSE MIB italiano del 7,6%, con un impatto particolarmente severo sul comparto bancario.

Cosa sono i dazi e perché preoccupano i mercati

I dazi doganali sono imposte sui beni importati, pensati per proteggere l’industria nazionale rendendo meno convenienti i prodotti esteri. Tuttavia, quando adottati unilateralmente e in modo generalizzato, generano tensioni commerciali, aumentano i costi per i consumatori e rischiano di compromettere l’intero equilibrio degli scambi internazionali. Il ritorno a politiche protezionistiche viene percepito dai mercati come un segnale di instabilità, con il rischio di compromettere le catene di approvvigionamento globali e frenare gli investimenti.

La sospensione temporanea: una tregua apparente

Il 9 aprile, a fronte delle pressioni crescenti da parte dell’industria americana e degli alleati internazionali, l’amministrazione statunitense ha annunciato una sospensione di 90 giorni dei dazi aggiuntivi per oltre 75 Paesi, tra cui l’Unione Europea. La Cina, invece, è rimasta esclusa dalla tregua, così come settori strategici come quello automobilistico e delle materie prime. L’Unione Europea ha risposto congelando le proprie contromisure tariffarie per lo stesso periodo. Questo ha favorito un parziale rimbalzo dei mercati, ma gli analisti continuano a vedere la misura come una pausa tattica piuttosto che una soluzione definitiva. Le tensioni con Pechino restano infatti elevate e potrebbero degenerare nuovamente.

L’impatto sull’economia globale

Gli effetti immediati delle tensioni commerciali si sono riversati sulle aspettative di crescita e inflazione. Secondo Goldman Sachs, la crescita del PIL statunitense per il 2025 è stata rivista all’1,3% (dal 2,1% iniziale), con un rischio di recessione stimato al 45%. L’aumento dei prezzi importati, specie nei beni a domanda rigida, ha spinto l’inflazione al 2,8%, rallentando i consumi interni. La Federal Reserve ha finora mantenuto i tassi d’interesse invariati, ma eventuali pressioni inflattive potrebbero costringerla a irrigidire la politica monetaria, con effetti negativi sugli investimenti e sulla domanda aggregata.

Secondo la Tax Foundation, l’effetto netto dei dazi, inclusi quelli di ritorsione, potrebbe determinare una contrazione dello 0,65% del PIL statunitense, con una perdita media del reddito disponibile dell’1% per le famiglie. Un ulteriore apprezzamento del dollaro, ipotizzato come reazione di riequilibrio, renderebbe le esportazioni americane meno competitive, peggiorando il saldo della bilancia commerciale.

Anche le stime globali sono state riviste al ribasso. L’OCSE prevede una crescita mondiale del 3,1% nel 2025, contro il 3,3% previsto in precedenza, a causa dell’inasprimento delle barriere doganali nei Paesi del G20. L’incertezza sulle politiche commerciali è ora uno dei principali freni allo sviluppo globale.

Il colpo più duro è stato subito dai settori tecnologico, automobilistico e delle materie prime, a causa della loro dipendenza dalle catene di fornitura internazionali. In Europa, l’industria automobilistica ha registrato una performance inferiore di oltre 10 punti rispetto alla media, mentre negli Stati Uniti le aziende tech hanno visto ridursi drasticamente le aspettative sugli utili. A sorpresa, i titoli bancari e il comparto utilities hanno tenuto meglio, beneficiando rispettivamente dell’assenza di esposizione diretta ai dazi e di un contesto favorevole caratterizzato da elevata volatilità. (fonte: Banca Generali)

Gli effetti sull’economia italiana

L’Italia, fortemente integrata nelle catene del valore internazionali, potrebbe risentire in modo diretto della crisi dei dazi, soprattutto nei settori manifatturieri e dell’export verso gli Stati Uniti, che valgono circa 63 miliardi di euro. Le piccole e medie imprese, che rappresentano la spina dorsale dell’export italiano, risultano particolarmente vulnerabili all’introduzione di barriere commerciali, con un’esposizione stimata del 27% delle loro esportazioni verso il mercato statunitense. A questo si aggiunge l’impatto sui comparti automobilistico e siderurgico, già colpiti dai dazi specifici imposti dagli USA. Le tensioni globali rischiano inoltre di raffreddare la domanda estera complessiva, penalizzando un’economia che, pur avendo mostrato segnali di resilienza, si trova ora esposta a un contesto internazionale sempre più incerto e instabile.

Nel suo primo Rapporto 2025 sulla Stabilità Finanziaria, la Banca d’Italia ha segnalato un aumento dei rischi sistemici legati alla crisi dei dazi. Le tensioni hanno innescato una fase di elevata incertezza e volatilità, compromettendo le aspettative di crescita globale. Pur restando stabili le condizioni del sistema bancario e del risparmio gestito, si osservano segnali di deterioramento nella capacità delle imprese più esposte di far fronte all’indebitamento, in particolare nel comparto industriale e delle costruzioni.

Come affrontare l’incertezza economica

In uno scenario dominato da incertezza economica, tensioni geopolitiche e politiche commerciali aggressive, le prospettive per i mercati restano fragili. La sospensione temporanea dei dazi non basta a rassicurare: gli squilibri emersi nel commercio globale, la pressione sui prezzi e le revisioni al ribasso delle stime di crescita delineano un contesto che impone cautela e pianificazione.

Per aziende, investitori e risparmiatori, è il momento di rivedere le proprie strategie: diversificare, proteggere, pianificare. Le aziende, in particolare quelle esportatrici, dovrebbero rivedere la propria esposizione ai mercati più a rischio, rafforzare le catene di fornitura alternative e valutare coperture assicurative contro l’interruzione dell’attività e le oscillazioni valutarie.

Anche per i risparmiatori è fondamentale adottare soluzioni più protettive: strumenti a capitale garantito, gestioni flessibili e una consulenza finanziaria in grado di leggere i cambiamenti in corso e guidare le scelte in modo consapevole.

In tempi incerti, affidarsi a professionisti qualificati può fare la differenza. Se vuoi saperne di più, puoi contattarci per una consulenza personalizzata: i nostri esperti sono a tua disposizione per aiutarti a valutare i rischi, proteggere i tuoi risparmi e pianificare con maggiore serenità il futuro della tua impresa o del tuo patrimonio.

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